Formazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA Buon Natale e Felice Anno Nuovo, MERRY CHRISTMAS AND HAPPY NEW YEAR, FROHE WEIHNACHTEN UND HAPPY NEW YEAR, Gëzuar Krishtlindjet dhe Gëzuar Vitin e Ri, عيد ميلاد مجيد وسنة جديدة سعيدة , З Калядамі і HAPPY NEW YEAR, ВЕСЕЛА КОЛЕДА И ЩАСТЛИВА НОВА ГОДИНА, ЎBON NADAL I FELIÇ ANY NOU, VESELÉ VÁNOCE A ŠŤASTNÝ NOVÝ ROK, Sretan Božić i Sretna Nova Godina, GLĆDELIG JUL OG GODT NYTÅR, Happy New Year חג מולד שמח ו, Häid jõule ja head uut aastat, HYVÄÄ JOULUA JA ONNELLISTA UUTTA VUOTTA, FELIZ NATAL E FELIZ ANO NOVO, Nadolig Llawen a Blwyddyn Newydd Dda, ΚΑΛΑ ΧΡΙΣΤΟΥΓΕΝΝΑ ΚΑΙ ΚΑΛΗ ΧΡΟΝΙΑ, Merry Christmas AGUS Athbhliain BHLIAIN, Gleπileg jól og Gleðilegt nýtt ÁR, Priecīgus Ziemassvētkus un laimīgu Jauno gadu, Kalėdų ir Naujųjų metų, Merry Божиќ и Среќна Нова Година, FELICE ANNO NUOVO ناتاله پست, BUON NATALE E FELICA ANNO NUOVO, Crăciun fericit şi HAPPY NEW YEAR, С Рождеством и HAPPY NEW YEAR, Срећан Божић и срећна Нова Година, VESELЙ VIANOCE A ŠŤASTNÝ NOVÝ ROK, Vesel božič in srečno novo leto, ˇFELIZ NAVIDAD Y FELIZ AÑO NUEVO, GOD JUL OCH GOTT NYTT ÅR, З Різдвом і HAPPY NEW YEAR, Boldog Karбcsonyt és Boldog Új Évet, לעבעדיק ניטל און גליקלעך נייַ יאָר

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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2009-12-20

Casini Il leader dell'Udc all'assemblea nazionale delle Regioni:

"Troppo odio e veleno in chi guida il Paese. Il dopo Berlusconi è già iniziato"

"Non possiamo lasciare il nord alla Lega che alimenta paure.

Grandi riforme, anche con una costituente"

La possibilità di un accordo con Silvio Berlusconi su giustizia e riforme divide il Pd. D'Alema elogia l'"inciucio" "Lo fece Togliatti con la Chiesa""Serve alla convivenza".

Attacco alla cultura azionista

Oscar Luigi Scalfaro: "Non sono contro una tutela al premier, a patto che non ci sia danno a terzi"

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

40° Anniversario - UPPORTO ENGINEERING-ONLINE

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero:

 

 

 

 

AVVENIRE

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2009-12-20

Giustizia, D’Alema torna a dividere il Pd

L’ex premier: certi inciuci servono. Schifani: spiragli Letta apre, Franceschini mobilita la minoranza

 

DA ROMA

ROBERTA D’ANGELO

M assimo D’Alema non de­morde e l’area franceschi­niana del Pd si riunisce per cercare di fare luce sulla piega dav­vero dialogante presa dal partito, i­nevitabilmente bocciata su tutta la linea da Di Pietro, ma che mette in fibrillazione anche la minoranza in­terna. Dopo una sorta di ripescag­gio del lodo Alfano, il presidente del­la fondazione Italianieuropei torna sul tema della 'leggina' ad perso­nam riproponendo le sue motiva­zioni. E dalla segreteria è Enrico Let­ta a spiegare quanto sia dannoso per i democratici l’'antiberlusconismo' che impedisce il confronto sulle riforme. Mentre perfino Oscar Lui­gi Scalfaro non esclude una norma "a tutela del premier, a condizione che non ci sia danno a terzi".

Insomma, le aperture dei vertici piddì fanno sperare anche il presi­dente del Senato, ottimista sul con­fronto. "Intravvedo degli spiragli", dice Renato Schifani. Dopo il voto delle mozioni sulle riforme – spiega – , un margine di dialogo "si è con­cretizzato in votazioni di maggio­ranza ed opposizione convergenti su alcuni testi. Io vorrei concludere l’anno non soltanto con l’auspicio ma anche con un appello alla con­cordia di tutte le forze politiche".

E in questo clima suona intonato il ragionamento di D’Alema, che ri­corda come " i comunisti italiani hanno sempre dovuto difendersi dall’accusa di 'inciucio'. C’era sem­pre qualcuno più a sinistra. Io pen­so però che alcuni inciuci, come l’ar­ticolo 7 della Costituzione che è il più grande degli inciuci, sono stati molto importanti per la convivenza nel nostro Paese". Lo sponsor più autorevole del segretario Bersani si dice certo che "oggi è più proble­matico farli, ma ce ne sarebbe biso­gno, mentre un certo azionismo ra­dicale non è mai stato utile".

Parole confortate dal ragionamen­to meno diretto, ma sullo stesso pia­no, del vicesegretario democratico. Letta ha chiesto di aspettare gen­naio, quando sarà messa alla prova questa nuova stagione, ma " forse questa settimana si chiude con qualche intenzione posi­tiva in più " . Forse, a comin­ciare dalla giustizia: " Mi ha colpito sentire in questi giorni parole di merito espresse da molti protagonisti, perché quando si va sul merito ci so­no molti punti di intesa sui quali qualche passo avanti de­cisivo si può fare. E allora, per­chè non provarci?", si chiede il numero due del Pd. "Ricordiamo­ci che il federalismo fiscale l’abbia­mo fatto praticamente insieme, cer­to la giustizia è oggettivamente più difficile".

Ma, continua la riflessione lettiana, per quanto sia determinato il no del partito a leggi ad personam, "il con­fronto è assolutamente essenziale" perché il messaggio degli italiani co­me lo legge il vicesegretario è che "se continuate con il referendum su Berlusconi, perdete un’altra volta". Dunque, chiosa, " la posizione di D’Alema, Bersani e di tutti noi è che da parte nostra non c’è un atteggia­mento persecutorio o Berlusconi­centrico, ma solo il rispetto delle re­gole, della Costituzione e che le riforme devono essere di sistema, di tutto il resto si discute".

Parole che spaventano una buona fetta del partito, pronta a fare una battaglia per difendere il bipolari­smo con una legge elettorale nuova. Dario Franceschini riunisce la sua corrente, Area democratica, per mettere a punto una strategia.

Ma è soprattutto Antonio Di Pietro a insorgere contro la linea degli al­leati e soprattutto contro lo "scan­doloso D’Alema" e la sua "proposta senza senso". Il leader dell’Italia dei valori, però, continua a tenere una porta aperta e a considerarsi, non "un ostacolo alle riforme" quanto piuttosto "uno stimolo".

I toni dell’ex pm, comunque, conti­nuano a non piacere al Pd, che ogni giorno di più ne prende le distanze. E si trova in linea con l’Udc, dove ie­ri il segretario Lorenzo Cesa ha chie­sto di "mettere da parte le ostilità e istituire una commissione costi­tuente a livello parlamentare per preparare un grande progetto di ammodernamento del Paese".

I centristi: mettere da parte le ostilità e lanciare una commissione costituente Di Pietro insorge contro l’ipotesi di riforme: vedo solo proposte senza senso

 

 

 

 

L’Udc chiama a raccolta le regioni

 

DA ROMA

" P ronta guarigio­ne al presiden­te del Consiglio, ci auguriamo che torni pre­sto al lavoro". Savino Pez­zotta, nella veste di presi­dente della Costituente di Centro apre l’assemblea dei comitati regionali dell’Udc – che fa il punto dopo le as­semblee svoltesi in tutte le regioni – con un no alla vio­lenza che è anche un inno a quella "politica mite" che la nuova formazione ambisce a rappresentare. "Contro questo bipolarismo dell’ini­micizia, vogliamo inserire nel dibattito politico una parola nuova, amicizia", di­ce ancora Pezzotta. "E al go­verno diciamo: nel comune impegno contro la violen­za, evitiamo la caccia alle streghe".

Il presidente del partito Rocco Buttiglione solidariz­za con Pier Ferdinando Ca­sini definito dal Giornale di Feltri "mandante morale" dell’aggressione a Berlusco­ni. Che ribadisce al nuovo movimento dell’Alleanza per l’Italia di Francesco Ru­telli "amicizia politica" in vi­sta di un "centro forte, au­tonomo e unito, che non sia subalterno" a nessuno schieramento. Ma, di fron­te alla prospettiva di un’in­tesa con la sinistra, Butti­glione avverte: "Non si può fare una nuova Margherita. Sarebbe ripetere un errore, perché significa portare ac­qua al mulino della sinistra e perdere la propria iden­tità ". E oggi, prima delle conclu­sioni di Pier Ferdinando Ca­sini è atteso all’Assemblea anche il leader dell’Allean­za per l’Italia, che ha lancia­to la candidatura dell’ex mi­nistro Linda Lanzillotta alla guida della Regione Lazio. Invito raccolto da Roberto Rao, secondo il quale "sa­rebbe bello realizzare una convergenza ampia sul suo nome". In realtà, su una candidatura così autorevo­le, i veti potrebbero venire proprio dal Pd. Che ha già fatto capire di gradire poco veti o suggerimento dai cu­gini 'fuoriusciti'. Ma se fos­se l’Udc a proporla, allora sì che il Pd potrebbe prende­re in esame l’ipotesi. Tanto più che nel partito di Bersa­ni almeno un convinto so­stenitore l’ex ministro degli Affari regionali dovrebbe a­verlo, nella persona del ma­rito, Franco Bassanini. Che, a quanto risulta, dal Pd non è mai uscito. (A.Pic.)

 

 

 

Pdl veneto a fianco di Galan

regionali 2010

 

Il partito locale promette battaglia a fianco del governatore Mandato al coordinatore regionale: "Presenti a Berlusconi il nostro disappunto". Cesa (Udc): "Se esce e fa lista lo appoggiamo"

DA R OMA A NGELO P ICARIELLO

I l caso sembrava chiuso ed invece rischia di deflagrare. Giancarlo Galan non si arrende e il Pdl veneto non rinuncia a spalleggiarlo. Al­la vigilia dell’appuntamento di oggi a Padova, nel quale il Consiglio nazionale della Liga vene­ta dovrà decidere chi sarà il candidato (favorito è Luca Zaia, con complicazioni però legate al suo attuale incarico di ministro), il Pdl regiona­le ha dato mandato al coordinatore Alberto Gior­getti e di "rappresentare urgentemente al Presi­dente Silvio Berlusconi il disappunto sulle scel­te e sul metodo operate dal Comitato di Presi­denza del Pdl". Si inserisce nella partita l’Udc che lancia un appello formale dalla tribuna dal­l’assemblea nazionale 'Dalle Regioni una pro­posta per l’Italia', con il segretario Lorenzo Ce­sa: "Se Galan sarà disponibile a rompere con il suo partito, siamo pronti ad affidargli la guida di uno schieramento che presenti una proposta seria di governo del Veneto". Spinge anche il Pd regionale, ben consapevole che una parte del­l’elettorato potrebbe non gradire come candi­dato il rivale di 15 anni di battaglie, ma l’idea di poter spari­gliare il centrodestra al momento sembra prevalere nel partito di Pierluigi Bersani. Certo, ricordano nel Pd come nell’Udc, Galan è un ex-Publi­talia, un berlusco­niano della prima o­ra e alla fine potreb­be accettare la pre­sidenza di un ente (Enel o Eni) che fi­nora ha rifiutato sdegnato. Ma non è detto. "I veneti si stanno ribellando. Il territorio sta fa­cendo sentire la sua voce", dice il portavoce na­zionale dell’Udc, il veneto Antonio De Poli, che di Galan è amico personale. E ci crede anche Francesco Rutelli: "Su Galan abbiamo notizie incoraggianti. Le cose si stanno muovendo", di­ce il leader di Api, per il quale sta attivamente la­vorando, su Galan, l’ex Pd Massimo Calearo, vi­sto che – fra l’altro – proprio da ambienti con­findustriali sono arrivati convinti sostegni alla battaglia del governatore uscente.

L’altro nodo: il Lazio. "Spero nell’alleanza con l’Udc", dice Renata Polverini (candidata del Pdl) puntando su una sintonia scaturente anche dal­la sua recente battaglia, da segretaria dell’Ugl, sul quoziente familiare, e potendo vantare anche un personale rapporto di stima con Pier Ferdi­nando Casini. Ma nel Lazio l’Udc ha già una trat­tativa molto avanzata con il Pd. E ha già dato u­na mezza promessa sul nome di Nicola Zinga­retti, se accettasse di correre, lasciando a suo ri­schio e pericolo la presidenza della Provincia.

L’Udc, d’altronde, non è disposta ad aggiunge­re il suo simbolo a scelte già fatte, e quindi non aiuta l’intesa il fatto che il Pdl abbia deciso i can­didati in quattro regioni. Forse solo in Calabria la scelta già caduta sul sindaco di Reggio Giu­seppe Scopelliti non impedirebbe all’Udc di al­learsi, in virtù di un’intesa di fatto già raggiunta da tempo. Giochi chiusi inve­ce,

ça va sans dire,

nelle due regioni che il Pdl ha ceduto alla Lega, Piemonte e Veneto. Anzi, in Pie­monte si allentano le obiezioni su Mer­cedes Bresso, che si è detta pronta a con­cessioni program­matiche su questio­ni che avevano a­perto frizioni con i centristi. Vicina, per l’Udc, an­che l’intesa nelle Marche sull’uscente Gian Ma­rio Spacca, e in Puglia, ma solo se fosse Miche­le Emiliano il candidato. "Il centrosinistra pu­gliese pensa che Vendola abbia governato be­ne? Se lo rielegga da solo", avverte Cesa.

Ma un’altra alleanza col Pdl (col quale, eccetto il caso Galan, l’Udc rompe in tutto il Nord) po­trebbe scattare, per l’Udc, in Campania. Dove Berlusconi ha annunciato un nome della società civile al posto di Nicola Cosentino, e dove l’Udc è già al governo col Pdl in alcune Province ed è pronta a fare l’accordo anche su Caserta.

Il sostegno al presidente uscente tenta anche il Pd Oggi la Lega Nord sceglie il candidato Favorito il ministro Luca Zaia

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma ci sono anche gli auguri al veleno

 

DA R OMA D ANILO P AOLINI

A uguri ansiolitici e alcolici tra Gianfranco Fini e Vittorio Feltri. Il clima natalizio non stempera i toni polemici del diret­tore del Giornale nei confronti del presidente della Camera, ancora ie­ri accusato di "remare contro" Ber­lusconi e definito "un problema da risolvere in fretta". Così Fini ha pen­sato di inviare al giornalista un pun­gente biglietto augurale dal conte­nuto ironico e, per di più, diffuso dal­la

Velina rossa di Pasquale Laurito, decano della stampa parlamentare e dalemiano doc: "Egregio diretto­re, per festività 'serene', senza os­sessioni e allucinazioni", si legge sul messaggio, accompagnato da un fla­cone di Valium, il tranquillante per antonomasia. "Serve a rilassare, cal­mare, ma può avere anche effetti se­condari quali sonnolenza, cefalea, vertigini, ottundimento delle emo­zioni, confusione, persino amnesia", ha chiosato perfida la Velina rossa.

La replica di Feltri, altrettanto pun­gente, non si è fatta attendere: "Il Va­lium è una bella trovata, accetto il regalo con divertimento. E mi ripro­pongo di regalare a Fini del vino bianco, perché il rosso gli annebbia le idee, come abbiamo notato negli ultimi tempi". In realtà, la primissi­ma reazione, pubblicata sul sito in­ternet del Giornale , era meno diplo-

Gianfranco Fini invia flacone di valium a Vittorio Feltri che replica: "A lui vino bianco, il rosso gli annebbia le idee"

matica: "Accetto volentieri il dono e ne faccio tesoro. Però ho una racco­mandazione per il presidente della Camera: ci vada piano con il lam­brusco. Il rosso fa bene ma non bi­sogna esagerare. E lui ultimamente ha fatto parecchio uso di 'rosso', e non gli ha fatto bene...".

Del resto, proprio nell’edizione di ie­ri Feltri ha ospitato le lettere di due ex-An, Ignazio La Russa (il quale ha parlato di "fuoco amico" sulla terza carica dello Stato) e Amedeo Laboc­cetta, che difendevano Fini. Ma con l’occasione ha martellato un altro po’, dando grande rilievo allo scam­bio di auguri di giovedì tra lo stesso Fini e "il nemico del Cavaliere" Car­lo De Benedetti, editore del gruppo

L’Espresso-la Repubblica (che però era già andato da Schifani a Palazzo Madama).

E a Laboccetta, che lo invitava a non considerare Fini "un traditore" di Berlusconi e del Pdl, Feltri ha riba­dito di non fidarsi: "Nella testa di Fi­ni è successo qualcosa che ha tra­sformato l’uomo e lo ha reso distante dal partito a cui appartiene".

"Lambrusco, coltelli, rose e pop­corn " cantava qualche anno fa Lu­ciano Ligabue, corregionale di Fini. Non è tempo di rose né di popcorn, evidentemente. Ma lambrusco e col­telli (verbali, s’intende) non manca­no.

Nel pomeriggio, il presidente della Camera, in visita alla parrocchia di Dio Padre Misericordioso a Tor Tre Teste (Roma), ha preferito cambia­re discorso, auspicando che il 2010 sia l’anno della "collaborazione tra istituzioni" per "fare l’interesse ge­nerale ". In compenso, il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione, difen­dendo Pier Ferdinando Casini (in­dicato dal Giornale tra i "mandanti morali" dell’aggressione al premier), ha definito il quotidiano milanese come "un covo di iene dattilografe".

 

 

 

 

 

Berlusconi ci crede: è l’ora del dialogo

"Arrivano buoni segnali da D’Alema e Bindi Mettiamoci alla prova e tentiamo di voltare pagina"

 

Il Popolo della libertà è pronto a rinunciare al processo breve. E lunedì Quagliariello presenta un lodo Alfano bis costituzionale

DA R OMA A RTURO C ELLETTI

" S arò pure in convale­scenza, ma oggi ho ri­cevuto diciassette persone...". Un sorriso leggero si affaccia sul volto ancora gonfio di Silvio Berlusconi. Ora il cerotto che copre le ferite è piccolo, i denti so­no a posto. E c’è un’"incredibile" voglia di ricominciare. "Mi do­vranno legare per farmi rinuncia­re al Natale tra i terremotati... Ho detto che la Vigilia sarò lì e lì voglio essere", ripete il Cavaliere... Man­cano, però, solo sei giorni. Forse pochi. Ma ora – per dirla con Pao­lo Bonaiuti – il presidente "sta me­glio, è rinfrancato... Certo, il colpo è stato durissimo, ma i dolori stan­no rallentando e l’uomo riprende coscienza della sua forza". È un giorno positivo. Berlusconi sente Gianfranco Fini (si vedranno la prossima settimana) e la tregua sembra reggere. Ma la novità vera è un’altra: il premier vuole archi­viare sul serio la stagione dell’odio e aprire con le opposizioni una nuova stagione di confronto. "Un nuovo inizio è possibile...", ripete. E va avanti: "C’è uno spiraglio? Be­ne, tentiamo perchè abbiamo un disperato bisogno di un Paese che possa tornare alla normalità". Mol­ti ascoltano le sue valutazioni: Fa­brizio Cicchitto, Maurizio Lupi, Luigi Casero, Laura Ravetto. Tutti lo stesso ragionamento. "Avete sentito Massimo D’Alema? Beh, come si può non apprezzare... E anche Rosy Bindi mi ha colpito: davvero, non me l’aspettavo". Chi ascolta capisce che qualcosa è cambiato. Che il 'miracolo' forse è possibile. Ma la giustizia? Berlu­sconi pensa al legittimo impedi­mento, alla Camera a fine gennaio, e ammette: "È il primo, vero, ban­co di prova... Bersani e D’Alema sa­pranno reggere l’urto del fronte giustizialista?" Un’ammissione, quasi sussurrata, accompagna quell’interrogativo: "Sarebbe già un segnale decisivo se il Pd non scegliesse di salire sulle barricate". C’è la volontà di "dire basta a guer­re ". Di guardare avanti. Magari di fare un primo passo decidendo di mandare il processo breve su un binario morto.

È la strada indi­cata dall’Udc: via il processo breve e sì al le­gittimo impe­dimento che possa essere u­na sorta di leg­ge ponte in at­tesa di un via li­bera a un ddl costituzionale che metta al ri­paro il premier dai processi. E al­lora non è un caso che lunedì Gae­tano Quagliariello, il vicepresi­dente dei senatori del Pdl, presen­terà proprio questo ddl costituzio­nale per un 'lodo Alfano bis'. Si prova a capire gli sviluppi e Bo­naiuti, per una volta, sembra me­no fiducioso del premier. "Il dialo­go potrà riprendere quando final­mente sarà cessata la spirale d’o­dio contro il governo e il presiden­te del Consiglio", avverte. Berlu­sconi vuole crederci. "Bisogna da­re una possibilità a Pd e Udc", ri­pete il Cavaliere che, aspettando la visita di oggi di Bossi e Tremonti, ipotizza: "Anche Umberto vuole andare avanti e vuole riforme con­divise ". Avanti, ripete il premier che per un attimo torna a pensare al pressing della famiglia. "Vieni via, ritirati... Stai pagando un prez­zo alto, troppo alto...". Marina Ber­lusconi prova, ancora una volta, a far ragionare papà Silvio. "Sono stati momenti terribili per te e per noi... Perchè allora insisti? Perchè non capisci che...". È chiaro il mes­saggio, come sono chiare le con­vinzioni dei figli del presidente del Consiglio: tutto è successo perchè Berlusconi è alla guida del gover­no. Tutto: l’estate segnata dal gos­sip, la stagione dell’odio, le accuse di Spatuzza, l’aggressione a piazza del Duomo. Berlusconi ca­pisce che è la verità, ma non indietreggia: "Quello che faccio è quello in cui credo. Non ho mai pensato di mollare e per il mio Paese sono pronto a paga­re qualsiasi prezzo". Berlusconi è così e anche Marina sembra rassegnata. "Sì, mio padre sta meglio", si limita a dire intercettata all’uscita milane­se di Mediobanca, dove in matti­nata si è riunito il consiglio d’am­ministrazione. Berlusconi è chiu­so nella gabbia di Arcore. Telefo­na, lavora, progetta. E, ripete, la nuova linea: "È il momento di ca­pire se da un male può nascere un bene... Se davvero è possibile a­prire una stagione nuova".

La voglia di passare la Vigilia tra i terremotati. "Mi dovranno legare per farmi rinunciare".

Oggi la visita di Bossi, ieri la telefonata di Fini

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2009-12-20

L'intervista al tg2: "L'opposizione deve mettersi in gioco"

D'Alema apre a Tremonti:

"Le riforme servono al Paese"

L'ex premier: "Penso agli ammortizzatori sociali

e a chi non ha lavoro. Mai esaltato l'inciucio"

Massimo D'Alema (Emblema)

Massimo D'Alema (Emblema)

ROMA - Il Paese "ha bisogno di riforme in tanti campi. La maggioranza non è in grado di farle e l'opposizione ha il dovere di mettersi in gioco. Come ha detto Bersani non siamo disponibili a fare leggine in favore di Berlusconi, ma siamo pronti a lanciare la sfida del dialogo e delle riforme. Questa è la politica di cui ha bisogno il Paese". È quanto ha affermato Massimo D'Alema, in un'intervista al Tg2. "Il Paese ha bisogno di riforme - ha spiegato - Ha bisogno di riforme sociali, penso al tema degli ammortizzatori sociali e della protezione di chi non ha lavoro. Ha bisogno di riforme delle istituzioni, la riduzione del numero dei parlamentari, un Parlamento più forte e agile".

INCIUCIO - A proposito delle polemiche che lo hanno investito negli ultimi giorni dopo la sua intervista al Corriere della Sera, D'Alema afferma di non aver mai esaltato l'inciucio: "È una brutta parola che non mi piace - ha sottolineato - È stata usata dal giornalista che mi intervistato e io ho detto, anzi lo ripeto polemicamente, che sciò che viene chiamato inciucio a volte invece è un compromesso che può essere utile per il Paese".

20 dicembre 2009

 

 

 

 

"Con la Bicamerale o in un altro modo

ma il momento delle riforme è arrivato"

Tremonti: "In questi 15 anni c'è sempre stato il ruolo democratico dell'opposizione"

Giulio Tremonti (LaPresse)

Giulio Tremonti (LaPresse)

ROMA — "Non viene mai abbastanza notato, ma nel Parlamento italiano sui grandi temi di poli­tica sociale ed economica, pur nella legittima con­trapposizione, c'è stato più consenso che dissen­so. Nel '95 noi abbiamo votato la riforma Dini del­le pensioni, non abbiamo fatto ostruzione sulla ri­forma del mercato del lavoro, e viceversa. In que­sti quindici anni non è mai venuto meno, c'è sem­pre stato il ruolo democratico dell’opposizione" dice il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Pronto ad aprire al dialogo pensando alle riforme istituzionali "da fare in Parlamento, o in alternati­va con l'elezione di un 'corpus' politico ad hoc", e anche all’idea di una riforma fiscale che metta al centro "le famiglie, il lavoro, la ricerca e l’ambien­te ".

Sulla Finanziaria 2010 c’è stato uno scontro molto duro con l’opposizione.

"Nei passaggi fondamentali il Parlamento ha avuto ed ha la capacità e la forza di fare riforme e di riformarsi. Così è stato anche giovedì scorso quando da una parte, alla Camera, si discuteva con animazione sulla fiducia messa sulla Finanzia­ria 2010-2013, e dall’altra, al Senato, si chiudeva la grande riforma della Legge finanziaria ispirata da un ordine del giorno bipartisan".

Anche la maggioranza ha criticato i pochi margini lasciati al dibattito.

"Quella che in Italia si chiama Finanziaria, e che in tutta Europa si chiama budget , cioè bilan­cio, non è una legge ordinaria, non lo è da nessu­na parte. La simbologia più forte è quella britanni­ca, quando il Cancelliere dello Scacchiere si pre­senta a Westminster con la valigetta rossa chiusa per indicare il prendere o lasciare. Non che siano così rigidi: è che la discussione tecnica e politica è avvenuta prima, e fuori dall'Aula, riservandosi a sua volta l'Aula il potere sovrano di dire sì o no. In tutti i Paesi europei le procedure di voto sul bilancio sono speciali: dal voto bloccato alla sfidu­cia costruttiva. La storia italiana è un po' diversa: finita l'unità nazionale che aveva certo dato avvio al deficit spending, ma con una visione organica, è iniziata la stagione dissennata degli assalti alla diligenza. Il Parlamento, nato nella storia per con­trollare la spesa del sovrano, è così diventato il sovrano della spesa in deficit, girando alle genera­zioni future il terzo debito pubblico del mondo. L'inversione sui grandi numeri c'è stata negli an­ni ’90, quella nelle prassi parlamentari dall'otto­bre del 2001, quando ho chiesto la prima fiducia sulla manovra. Nel 2008 si è concretizzata l’intesa bipartisan per concentrare la discussione sui gran­di numeri e le grandi scelte, e ora finalmente ab­biamo la riforma della Finanziaria".

È stata proprio la richiesta di fiducia sulla Fi­nanziaria a scatenare le polemiche.

"La discussione e le votazioni su questa Finan­ziaria sono state ordinate nel merito e condivise fino alla violenza di domenica scorsa. L’intesa era che la fiducia in Aula sarebbe stata considerata 'corretta' se posta sul testo votato dalla commis­sione Bilancio dopo l'estensione dei tempi per la discussione saggiamente concessa dalla presiden­za della Camera. Dopo i fatti di domenica scorsa si è fatta l'ipotesi, politicamente intelligente, di ri­nunciare alla fiducia per trasmettere all'opposizio­ne un messaggio di 'apertura'. In questa logica ho chiesto all’opposizione di fare anche lei un pas­so, ritirare gli emendamenti per aprire in Aula un grande dibattito sulla politica economica. Pur ma­nifestando interesse di principio, confermato dal­la disponibilità a una modifica dei regolamenti parlamentari coerente con la riforma del bilancio, la scelta dell’opposizione è stata quella di conser­vare gli emendamenti".

Erano appena cinquanta...

"Erano 100 pagine con un volume di interventi superiore a quello della Finanziaria stessa e con un limite intrinseco, non tecnico, ma politico. Il bilancio dello Stato, giusto o sbagliato che sia, è costruito come una 'cattedrale', come un insie­me che si tiene organicamente. Non puoi togliere un'architrave per sostituirla più o meno casual­mente con un'altra, nel caos concitato di cinquan­ta votazioni il cui esito avrebbe dovuto essere, senza alternative, cinquanta no. Non era il modo migliore per aprire il dialogo".

Fini ha definito "deprecabile" la fiducia e par­lato di problemi con la maggioranza.

"Con Fini ci siamo parlati a lungo e con recipro­ca cordiale comprensione, come è stato negli ulti­mi anni. Ci sono due tipi di fiducia: la fiducia-fidu­cia e la fiducia-tecnica. Quella tecnica è un espe­diente parlamentare. Quella politica è politica: il governo chiama alla fiducia la sua maggioranza non perché la teme, ma perché ne vuole la fidu­cia. E l’effetto finale non è di debolezza, ma di for­za. Non mi sembra questo il tempo, per inciso, per errori o rischi sul bilancio pubblico".

Pronti al dialogo? Tra voi c’è chi parla di com­ponenti eversive nell'opposizione.

"Sui grandi temi della politica economica, che poi sono quelli che interessano la vita delle perso­ne, dalle pensioni al lavoro, alla salute, e questa Finanziaria per esempio incorpora un grande ac­cordo con tutte le Regioni proprio sulla sanità, non c’è mai stato contrasto, ma costruzione comu­ne, seppure nella dialettica. C’è piuttosto, in Ita­lia, un fattore-rischio politico. Se la politica conti­nua a divorare se stessa nella lotta, convinta di fa­re il proprio interesse, in realtà finisce per essere la prima vittima".

È il momento delle riforme condivise?

"La crisi ha avuto un impatto economico più o meno forte su tutti i Paesi, ma dovunque si è pre­sentata come crisi esterna. In Italia è un po’ diver­so: c’è il rischio di una doppia crisi, esterna ed in­terna. Quella di origine esterna ha avuto e ha in Italia un impatto relativamente minore. Non igno­ro che settori, situazioni, famiglie e persone ne soffrano, ma il sistema ha tenuto, tiene e terrà non peggio che altrove, anzi. Ma abbiamo un si­stema politico che da un lato è vecchio e poco effi­ciente, dall’altro tende ad autodistruggersi. Pos­siamo restare l’unico Paese che ha due Camere, il bicameralismo perfetto e di conseguenza, quat­tro, sei, otto o più voti su ciascun singolo comma o articolo di legge? Possiamo andare avanti con un continuo crescente conflitto di poteri alimenta­to da componenti paranoiche e parossistiche del­la vita cosiddetta civile?".

La via per le riforme è una Bicamerale?

"In questi mesi ho riflettuto a lungo con il pre­sidente del Consiglio sulle riforme istituzionali, abbiamo parlato della Bicamerale, del Titolo Quin­to, del federalismo, della Bozza Violante. La mis­sione delle riforme è nel nostro programma elet­torale e in aggiunta, per ridurre la 'cifra' della vio­lenza, va notato che le riforme costituzionali non divorano, ma all’opposto legittimano i loro padri. Le tecniche di riforma possono essere diverse, in­terne al Parlamento, o esterne, con la creazione di un corpo ad hoc, Convenzione o Bicamerale. La Bicamerale di D’Alema, ma non si fissi sul nome bicamerale, fu votata in soli sei mesi, estate inclu­sa. La pacificazione e la modernizzazione del Pae­se postulano, per l’interesse generale e nell’inte­resse generale, l’esclusione dell’intero corpo poli­tico da pressioni esterne".

Pensa all’immunità?

"Mi pare che nella sua saggezza, costituente dell’architettura dell’Unione, il Parlamento euro­peo abbia qualcosa di molto simile".

C’è un punto da cui ripartire?

"Riprendere nella lettera e nello spirito comu­ne la Bozza Violante con cui è terminata l’altra le­gislatura sarebbe il modo migliore per continuare il cammino".

D’Alema dice che dagli inciuci può nascere qualcosa di buono...

"Un impegno costituente comune avrebbe un effetto naturale di pacificazione".

Che tipo di riforma fiscale immagina?

"Ho cominciato a parlarne con il presidente del Consiglio, riprendendo il nostro Libro bianco del ’94: 'dal complesso al semplice, dal centro alla pe­riferia, dalle persone alle cose'. Il nostro sistema fiscale è stato pensato negli anni ’60, avviato ne­gli anni ’70 e poi continuamente rattoppato, peg­giorato significativamente con l’Irap, migliorato marginalmente con il 5 per mille. Nel frattempo, in quarant’anni, tutto è cambiato. È cambiato il modello economico, la grande fabbrica sostituita dai distretti, dalle piccole e medie imprese e da 8 milioni di partite Iva. È variato il modello compe­titivo: allora l’obiettivo era entrare nel 'Mercato unico europeo', adesso quello europeo non è più l’unico mercato. Sono variati il modello tecnologi­co, con la rivoluzione informatica, il modello so­ciale, con l’inversione del rapporto tra giovani e vecchi e l’arrivo di milioni di immigrati, il model­lo ambientale, perché l’ambiente non è più risor­sa da consumare, ma da conservare. Ed è variato soprattutto il modello istituzionale, con il federali­smo. Non credo si possa immaginare il futuro co­me una continuazione del passato. Conosciamo le enormi difficoltà e le nostre responsabilità ver­so l’Europa, che dovrà comunque esprimere il suo parere, ma sappiamo anche che il rapporto fi­scale è quello fondamentale tra lo Stato e i cittadi­ni, tra lo Stato e l’economia. Non possiamo entra­re nel nuovo secolo con la visione del vecchio. Un sistema che esprima sfavore per la speculazione finanziaria e per la distruzione ambientale, e favo­re per la famiglia con i bambini, il lavoro, la ricer­ca e l’ambiente: questo era il sogno fatto nel ’94 con Silvio Berlusconi".

Mario Sensini

20 dicembre 2009

 

 

L'ex premier: "Non disponibili a leggine pro Berlusconi, ma sfida del dialogo"

"La polemica sull'inciucio nasce da una falsificazione deliberata di quello che ho detto"

Riforme, D'Alema apre a Tremonti

"L'opposizione si metta in gioco"

Capezzone cone Cicchitto, attacco al nostro giornale

"Repubblica e Di Pietro responsabili della campagna d'odio"

Riforme, D'Alema apre a Tremonti "L'opposizione si metta in gioco"

Massimo D'Alema

ROMA - Massimo D'Alema, nel pieno della polemica seguita alle sue dichiarazioni sulla utilità degli "inciuci", torna a chiedere l'apertura di un dialogo con la maggioranza sul tema delle riforme. Lo fa rispondendo, dai microfoni del Tg2, all'offerta del ministro Tremonti dalle colonne del Corriere della Sera di avviare una fase costituente per fare riforme insieme: "Con la bicamerale o in altro modo - dice il ministro - ma il dialogo va aperto".

E l'ex premier raccoglie l'invito, "sfidando" il suo partito a "mettersi in gioco": "Il Paese - afferma - ha bisogno di riforme. Ha bisogno di riforme sociali, penso al tema degli ammortizzatori sociali e della protezione per chi non ha lavoro. Ha bisogno di riforme delle istituzioni, riduzione del numero dei parlamentari, un parlamento più forte, più agile. Ha bisogno di riforme in tanti campi". "La maggioranza non è in grado di farle - conclude - e l'opposizione ha il dovere di mettersi in gioco. Come ha detto Bersani: non siamo disponibili a fare leggine a favore di Berlusconi ma siamo pronti a lanciare la sfida del dialogo e delle riforme. Questa è la politica di cui ha bisogno il paese".

Poi una risposta - irritata - alle dure polemiche sulle sue dichiarazioni sugli inciuci: "Buona parte di questa polemica nasce da una falsificazione, devo ritenere in parte deliberata di quello che io ho detto". "Inciucio è una parola che non mi piace - ha sottolineato - E' stata usata dal giornalista che mi intervistato e io ho detto, anzi lo ripeto polemicamente, ciò che viene chiamato inciucio a volte invece è un compromesso che può essere utile per il Paese".

Fra le reazioni del Pdl, da segnalare quella del portavoce Capezzone, sull'onda dell'intervento di Cicchitto in Parlamento: "Se il Pd è davvero disponibile a lavorare alle riforme deve rompere con Antonio Di Pietro e Repubblica, ovvero gli "autori della campagna di odio contro Silvio Berlusconi".

Aggiunge Capezzone:"Come può sperare il Pd di collaborare alle riforme rimanendo stretto nella tenaglia tra Di Pietro e il gruppo Espresso? E' evidente che il Pd deve scegliere: o le riforme nell`interesse del paese, o il permanere del legame con le componenti massimaliste e giustizialiste".

(20 dicembre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

D'Alema, sfogo dopo gli attacchi

"Io sono un politico, altri no"

Veltroni teme uno scambio sulla legge elettorale. Ma gli ex ppi non lo seguono

Veltroni e D'Alema (Emblema)

Veltroni e D'Alema (Emblema)

"Possibile che se un poveretto in questo Paese si azzarda a dire che bisogna discutere delle regole gli devono subito dare dell'inciucista? La verità è che è passata l'idea che il maggioritario debba essere una rissa continua": Massimo D'Alema si sfoga con un amico. L'ex premier non ci sta a vestire i panni che dalla Bicamerale in poi gli sono stati cuciti addosso. E trova incredibile che per l'ennesima volta il Pd debba dividersi. Ma era inevitabile che accadesse. Un personaggio come Walter Veltroni non riesce a tacere di fronte al sospetto in lui fortissimo che si sia riaperta una trattativa più o meno sotterranea in cui da una parte si offre a Berlusconi di non fare le barricate contro il legittimo impedimento e dall'altra gli si chiede una riforma elettorale vicina al sistema tedesco.

L'ex segretario del Pd ce l'ha proprio con D'Alema. "E' assolutamente strumentale: non si può dire una volta che Berlusconi deve essere ridotto a fare il mendicante e poi un'altra trattarlo come se fosse De Gasperi. E' allucinante". E' un fiume in piena Veltroni, mentre torna dal convegno della corrente Pd di Area democratica che si è tenuto a Cortona. Già lì aveva detto la sua e ora rincara la dose: "Io credo che si debba essere seri e coerenti in politica. Invece che succede? Succede che prima dici sì alla Santa Alleanza con Fini e Casini e chissà chi altro per opporti a Berlusconi e dopo qualche giorno, come se niente fosse, annunci che vuoi riformare la Costituzione con il premier". D'Alema la pensa in maniera assai differente, per non dire opposta. Secondo l'ex presidente del Consiglio "la vera discriminante è tra essere uomini politici e non esserlo". In questo senso, a suo giudizio, "persone che hanno formazioni diverse si possono avvicinare".

Il riferimento è a Casini. A quel Casini che ha proposto a Berlusconi di limitarsi al legittimo impedimento mettendo da parte il processo breve. Ossia quella che D'Alema chiama scherzando (ma fino a un certo punto) "l'indecenza meno indecente". L'ex premier vuole imprimere una svolta al suo partito. Che non consiste certo nel votare il legittimo impedimento, ma nel creare le condizioni per giocare la partita delle riforme. E su questo terreno sembra agire di sponda con Casini. Ma tutto ciò ha riaperto ferite non ancora rimarginate nel Partito democratico e allargato fossati. Ancora una volta ci si divide, nel Pd. Da un lato Veltroni e il capogruppo alla Camera Dario Franceschini con la loro componente di minoranza (molto agguerrita), dall'altro i D'Alema, i Latorre e, in estrema sintesi, anche il segretario Pier Luigi Bersani, cui il ruolo consiglia però maggior prudenza onde evitare di spaccare il partito a due mesi dal suo insediamento. Per questa ragione il leader dà un colpo al cerchio e uno alla botte e non si espone poi troppo. E in questo nuovo tormentone del centrosinistra si assiste a scomposizioni e ricomposizioni. Franco Marini, per esempio, ha preso le distanze dalla minoranza. Non solo perché non è andato a Cortona. L'ex presidente del Senato ragiona in modo assai simile a quello di D'Alema, anzi, si spinge anche più in là. E' "favorevole alla versione costituzionale" del Lodo Alfano. Su Antonio Di Pietro ne dice di cotte e di crude: "Basta andargli appresso", esorta Marini ogni volta che può. E poi c'è il responsabile del Welfare, Beppe Fioroni, ex ppi pure lui, che dalla corrente di minoranza non se n'è andato, ma che prende le distanze da certe prese di posizione di Veltroni e Franceschini.

"E' chiaro — spiega il parlamentare del Pd — che la spina giustizia fa molto male a Berlusconi e che lui non può certo pensare che siamo noi a levargliela. Questo non ce lo può proprio chiedere. Ciò detto, se lui accetta le nostre proposte in materia di riforme (sia quelle sociali che quelle istituzionali) e se lui rinuncia al presidenzialismo, e fa il legittimo impedimento, noi non glielo votiamo, ma non facciamo l'opposizione con la bomba atomica. Non possiamo continuare a essere ossessionati dal fatto che Di Pietro compete con noi per strapparci tre tifosi: da lui pretendiamo il rispetto dovuto al fatto che siamo il più grande partito di opposizione. E allora, invece di interrogarci su che cosa fa il Pd senza di lui, si interroghi Di Pietro su dove va senza di noi". Insomma, dalle parole di Fioroni si evince come la questione sia molto chiara. E si deduce facilmente perché diventa inevitabile che di fronte alla possibilità che risorga un clima da Bicamerale il Pd si spacchi. E Fioroni ha un bell'esortare i suoi compagni di corrente a "non essere un partito nel partito". Le cose stanno esattamente così e le ultime vicende di questi giorni lo testimoniano con assoluta chiarezza: i Pd sono due e ridurli a uno, al momento, appare impresa improba.

Maria Teresa Meli

20 dicembre 2009

 

 

 

Asse Veltroni-Franceschini

"Il buon inciucio non esiste"

E Bersani: la linea è ferma, no a leggi ad personam

DAL NOSTRO INVIATO

CORTONA — Walter Veltro­ni, Dario Franceschini e Ignazio Marino. La minoranza del Pd at­tacca frontalmente Massimo D’Alema, il cui elogio degli in­ciuci, "che anche oggi servireb­bero al Paese", non è piaciuto a molti. Per questo è costretto a intervenire Pier Luigi Bersani, che spiega al Tg1: "Lasciamo stare le variazioni sul tema. Il Pd ha una linea ferma: siamo contro le leggi ad personam e a favore di un confronto in Parla­mento sulle riforme che riguar­dano il Paese". Da Cortona, primo raduno di Area democratica, arrivano bor­date verso il Nazareno. Comin­cia Veltroni: "Se devo pensare ai mali del Paese, francamente non mi viene in mente il Partito d’azione di Ferruccio Parri. E poi resto un po’ sorpreso quan­do un dirigente sostiene che Berlusconi deve restare per tut­ta la legislatura. Ne succedono di tutti i colori".

Nicola Latorre, il dirigente di cui sopra, ribatte: "Mai detto quella frase. Invece di contrastare il governo si con­tinuano ad attaccare gli espo­nenti del proprio partito". Poi tocca a Franceschini: "Io di in­ciuci che hanno fatto bene non ne ho mai visti". E ancora: "Non possiamo stare zitti se vie­ne violentato lo stato di diritto. Piuttosto sfidiamo la destra a una riforma degli ammortizzato­ri sociali". Marino (che non struttura la corrente ma lancia i workshop, il primo il 23 genna­io su lavoro e nucleare): "Non capisco, prima facciamo l’ostru­zionismo in Commissione giu­stizia, poi votiamo sì alla calen­darizzazione del processo breve per il 12 gennaio. Così andiamo contro il sentire comune del Pa­ese ". Si leva anche la voce di An­tonio Di Pietro, che accusa D’Alema di "oltraggio alla Costi­tuzione " e di "offesa alla storia repubblicana" per aver sostenu­to che il "più grande inciucio" della storia italiana è stato l’arti­colo 7 della Costituzione. Area democratica, che avrà un coordinamento sul territo­rio e un foglio online, si è dota­ta a Cortona di un’identità. Che non sarà, assicura Franceschi­ni, "fare l’opposizione a Bersa­ni ", ma aiutare il partito. Veltro­ni vede in pericolo il "principio di legalità" e avverte che "non c’è il clima" per le riforme. Il fondatore del Pd ricorda a Ber­sani e D’Alema che hanno vinto con il 53% contro il 47: "Nessu­no pensi che una grande forza possa essere governata come un patrimonio personale del­l’uno o dell’altro".

E nessuno pensi a un ritorno al passato: "Tornare all’Unione, magari con un premier di centro, non mi parrebbe un gran capolavo­ro ". Per Veltroni la prova del no­ve saranno le Regionali: "Ci vuole un segno profondo di di­scontinuità nel Mezzogiorno". Cita la Calabria e la Campania, ma anche la Sicilia: "Non è ac­cettabile che il Pd dia il suo ap­poggio a una giunta di Lombar­do e Micciché". Se Bersani al Tg1 spiega che "bisogna accorciare le distanze con gli alleati", Franceschini ha più di un timore. Sulla riforma elettorale, innanzitutto: "Non sono accettabili scambi con l’Udc per avere una legge pro­porzionale alla tedesca". Non so­lo: sarebbe "una scelta miope" aiutare Rutelli a mettere in pie­di un partito "che magari poi sceglierà di collocarsi a destra, lasciandoci all’opposizione per 40 anni". Franceschini è preoc­cupato: "In pochi giorni siamo passati dal fronte democratico dell’emergenza nazionale al dia­logo, che è un tranello: c’è qual­cosa che non funziona". Conclu­de Paolo Gentiloni: "Non siamo un correntone girotondino. Nel Pd ci vuole più cultura liberalde­mocratica e più cultura azioni­sta ". "D’Alema teme che il Pd sia un partito d’azione di massa — conclude Enrico Morando —: magari lo fossimo".

Alessandro Trocino

20 dicembre 2009

 

 

 

2009-12-19

Il leader dell'Udc all'assemblea nazionale delle Regioni

Casini: "Troppo odio e veleno in chi guida il Paese. Il dopo Berlusconi è già iniziato"

"Non possiamo lasciare il nord alla Lega che alimenta paure. Grandi riforme, anche con una costituente"

Pier Ferdinando Casini (Fotogramma)

Pier Ferdinando Casini (Fotogramma)

ROMA - "Basta con la caccia alle streghe, ai colpevoli. Ciascuno tolga le ali ai propri falchi, ce ne sono tanti in giro, non c'è solo l'odio militante di Di Pietro ma quello di tanti squadristi giornalistici". Pier Ferdinando Casini attacca chi in queste settimane ha seminato odio, e non risparmia critiche al presidente del Consiglio: "Se Berlusconi pensa di trascinare il Paese sulla strada dell'avventura e delle elezioni anticipate in un attacco dissennato al Quirinale e alla Consulta, dall'Udc avrà le risposte inedite che si merita. Il dopo Berlusconi è già iniziato: o grandi riforme o un grande galleggiamento che porterà il suo bagaglio di odio e rancori".

ODIO - Casini ha accusato chi governa il Paese di avere "troppo veleno". "Abbiamo sentito per troppo tempo il linguaggio delle divisioni del Paese: parole come ronde, medici spia, white christmas, caccia all’extracomunitario, insulti a Tettamanzi, i 100 mila fucili padani di Bossi: questo fa parte dell’armamentario ideologico del passato che genera odio e dà alibi a chi vuole seminare odio", ha aggiunto Casini. "Il nostro è un partito che non ha mai confuso l’avversario politico con il nemico. C’è troppo veleno da parte della classe dirigente che guida il Paese". Per Casini Berlusconi deve inaugurare una stagione che "non preveda la distribuzione di odio, l’accanimento contro gli avversari ma una fase contrassegnata dal rispetto reciproco. Sta a lui scegliere quale strada vorrà intraprendere: le spallate non servono, le scorciatoie nemmeno, noi lavoriamo per una democrazia normale".

NIENTE NORD ALLA LEGA - Sulle alleanze per le regionali della prossima primavera, il leader dell'Udc attacca l'idea di lasciare il nord in mano alla Lega. "Non svendiamo il Nord alla Lega, non accettiamo la decapitazione di Galan e del prefetto di Venezia. Chi guida il Paese non può amplificare le tensioni. Non può essere grancassa delle paure, della pancia che è anche dei nostri elettori. La Lega interpreta questo stato d'animo che c'è. La sinistra non capisce, perché contesta il presupposto che invece c'è". Sulle alleanze: "Vogliamo affrontare le regionali con molta serenità. Non abbiamo alcuna volontà di arruolarci in due eserciti che vogliamo sconfiggere. In molte regioni andremo da soli, in molte faremo alleanze perché non daremo soddisfazione a chi ci vuole ovunque da soli anche dove siamo in condizione di definire chi vince e perde. Andremo da soli dove ci pare, dove lo riteniamo opportuno, e in compagnia dove riteniamo ci siano le condizioni politiche".

RIFORME - "Per le riforme vogliamo una sede legittimata dal Parlamento nella quale ciascuno si assuma le proprie responsabilità, non una conventicola o un cenacolo privato". Lo ha detto un combattivo Pier Ferdinando Casini, nel corso del suo intervento all'assemblea nazionale delle Regioni a Roma, rilanciando l'idea di un'assemblea costituente: "Chiamiamola come vogliamo, non possiamo impiccarci sulle formule".

 

19 dicembre 2009

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2009-12-20

L'ex premier: "Non disponibili a leggine pro Berlusconi, ma sfida del dialogo"

"La polemica sull'inciucio nasce da una falsificazione deliberata di quello che ho detto"

Riforme, D'Alema apre a Tremonti

"L'opposizione si metta in gioco"

Capezzone cone Cicchitto, attacco al nostro giornale

"Repubblica e Di Pietro responsabili della campagna d'odio"

Riforme, D'Alema apre a Tremonti "L'opposizione si metta in gioco"

Massimo D'Alema

ROMA - Massimo D'Alema, nel pieno della polemica seguita alle sue dichiarazioni sulla utilità degli "inciuci", torna a chiedere l'apertura di un dialogo con la maggioranza sul tema delle riforme. Lo fa rispondendo, dai microfoni del Tg2, all'offerta del ministro Tremonti dalle colonne del Corriere della Sera di avviare una fase costituente per fare riforme insieme: "Con la bicamerale o in altro modo - dice il ministro - ma il dialogo va aperto".

E l'ex premier raccoglie l'invito, "sfidando" il suo partito a "mettersi in gioco": "Il Paese - afferma - ha bisogno di riforme. Ha bisogno di riforme sociali, penso al tema degli ammortizzatori sociali e della protezione per chi non ha lavoro. Ha bisogno di riforme delle istituzioni, riduzione del numero dei parlamentari, un parlamento più forte, più agile. Ha bisogno di riforme in tanti campi". "La maggioranza non è in grado di farle - conclude - e l'opposizione ha il dovere di mettersi in gioco. Come ha detto Bersani: non siamo disponibili a fare leggine a favore di Berlusconi ma siamo pronti a lanciare la sfida del dialogo e delle riforme. Questa è la politica di cui ha bisogno il paese".

Poi una risposta - irritata - alle dure polemiche sulle sue dichiarazioni sugli inciuci: "Buona parte di questa polemica nasce da una falsificazione, devo ritenere in parte deliberata di quello che io ho detto". "Inciucio è una parola che non mi piace - ha sottolineato - E' stata usata dal giornalista che mi intervistato e io ho detto, anzi lo ripeto polemicamente, ciò che viene chiamato inciucio a volte invece è un compromesso che può essere utile per il Paese".

Fra le reazioni del Pdl, da segnalare quella del portavoce Daniele Capezzone, sull'onda dell'intervento di Cicchitto in Parlamento: "Se il Pd è davvero disponibile a lavorare alle riforme deve rompere con Antonio Di Pietro e Repubblica, ovvero gli "autori della campagna di odio contro Silvio Berlusconi".

Aggiunge Capezzone:"Come può sperare il Pd di collaborare alle riforme rimanendo stretto nella tenaglia tra Di Pietro e il gruppo Espresso? E' evidente che il Pd deve scegliere: o le riforme nell`interesse del paese, o il permanere del legame con le componenti massimaliste e giustizialiste".

L'Udc, attraverso una dichiarazione del segretario Lorenzo Cesa, invoca una "vera stagione delle riforme". Il Pd in serata riafferma, attraverso il coordinatore della segreteria, Filippo Penati, la sua posizione: "Sì alle riforme, no alle leggi ad personam. Se, come sembra, l'intenzione è quella di intasare il parlamento con provvedimenti tipo la riproposizione del Lodo Alfano, il processo breve e il legittimo impedimento, allora il centrodestra non può non valutarne le conseguenze".

(20 dicembre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

 

 

Berlusconi: andrò avanti per il bene del paese

"Andrò avanti per il bene del Paese": questo il messaggio lanciato da Silvio Berlusconi, stamane, ai partecipanti alla manifestazione di solidarietà indetta in Piazza Brà a Verona, a una settimana dall'aggressione subita dal premier a Milano. "Manifestazioni di solidarietà nei miei confronti - ha detto Berlusconi, che ha chiamato al cellulare il sottosegretario Aldo Brancher - mi danno una ulteriore spinta ad andare avanti e a sostenere il nostro impegno per il bene del Paese". "Sono commosso - ha detto ancora Berlusconi - e ringrazio Verona che ha per prima voluto organizzare questa manifestazione di solidarietà". "L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio", ha ribadito il presidente del Consiglio; è lo stesso slogan dello striscione che campeggia sulla scalinata del Municipio.

"Questo è il messaggio - ha aggiunto il premier - che stiamo portando in giro per tutta l'Italia". "Sotto l'albero di Natale - ha detto ancora, rivolgendosi ai sostenitori - regalate una tessera del Pdl". In piazza Brà, secondo una prima stima, un migliaio di persone, tra le quali oltre a Brancher il sottosegretario Alberto Giorgetti, e vari sindaci e assessori comunali. La manifestazione si è chiusa con le note di 'meno male che Silvio c'è'".

Nel pomeriggio, poi, il premier interviene nuovamente al telefono. "Credo che a tutti sia chiaro che se di un presidente del Consiglio si dice che è corruttore di minorenni, un corruttore di testimoni, uno che uccide la libertà di stampa, che è un mafioso o addirittura uno stragista, un tiranno, è chiaro che in qualche mente labile, e purtroppo ce ne sono in giro parecchie, possa sorgere il convincimento che essere tirannicidi e diventarlo vuol dire essere degli eroi nazionali e fare il bene della propria patria e dei propri concittadini e quindi acquisire un merito e una gloria importante". Il presidente del Consiglio ha poi sottolineato che da quanto avvenuto si deve trarre l'insegnamento di "rispettare" gli avversari politici senza considerarli "nemici".

20 dicembre 2009

 

 

 

 

"Mai parlato di inciucio e leggine Noi vogliamo fare le riforme"

"Non ho mai usato, non ho mai esaltato la parola "inciucio", che è una brutta parola che non mi piace. È stata usata dalla giornalista che mi intervistava, e io ho detto, anzi, l'ho ripresa polemicamente, che ciò che viene chiamato inciucio a volte è un compromesso che può essere utile per il Paese". Così Massimo D'Alema, intervistato dal Tg2, replica alle polemiche suscitate nel suo partito dopo le sue dichiarazioni sulle riforme.

"Buona parte di questa polemica - puntualizza l'ex ministro degli Esteri - nasce da una falsificazione, devo ritenere in parte deliberata, di quello che io ho detto. C'è una sorta di militarizzazione della vita politica, che io ritengo sbagliata, e succede che chi da una parte e dall'altra - penso a quello che succede a Fini con certa stampa di destra - cerca invece di ragionare e di ritrovare le vie per trovare qualcosa di utile per il Paese finisce per essere additato come un traditore. Questo apppartiene - scandisce D'Alema - a un certo imbarbarimento della vita politica". E su Tremonti, che ha parlato della necessità di una fase costituente, D'Alema ragiona: "il Paese ha bisogno di riforme, di riforme sociali come quella degli ammortizzatori sociali. Ha bisogno di riforme delle istituzioni, con la riduzione del numero dei parlamentari, un Parlamento più forte, più agile, ha bisogno di riforme in tanti campi. La maggioranza non è in grado di farle, e l'opposizione ha il dovere di mettersi in gioco: non siamo disponibili a fare "leggine" in favore di Berlusconi, ma siamo pronti a rilanciare la sfida del dialogo e delle riforme. Questa - ha concluso D'Alema - è la politica di cui ha bisogno il Paese".

È d'accordo il finiano Adolfo Urso, vice-ministro allo Sviluppo economico e membro dell'ufficio di presidenza del Pdl. "Bene anche Tremonti sul nuovo clima per le riforme e sul riconoscimento del ruolo positivo dell'opposizione. Abbiamo imboccato la strada giusta per realizzare quel patto democratico che il Pdl auspica e la stragrande maggioranza del paese assolutamente vuole. Isoliamo gli ultras", conclude Urso, "e aiutiamo la parte responsabile dell'opposizione ad evitare i richiami della foresta mediatica e a uscire dall'accerchiamento degli estremisti". Dello stesso avviso il ministro Prestigiacomo. "Mai come adesso questo Paese ha bisogno di benedette riforme e di forze politiche capaci di dialogare".

20 dicembre 2009

 

 

 

 

 

L'ex sindaco di Roma: "Mi sorprende che La Torre dica che Berlusconi

deve finire la legislatura". E Casini rilancia l'alleanza costituzionale

"Inciucio utile", Pd spaccato su D'Alema

Veltroni: "Ormai se ne vedono di tutti i colori"

Franceschini: "Mai visti inciuci utili...". Anche di Pietro attacca

Ma per il leader dell'Udc "a volte sono necessari compromessi"

"Inciucio utile", Pd spaccato su D'Alema Veltroni: "Ormai se ne vedono di tutti i colori"

ROMA - Il Pd si spacca su Massimo D'Alema. E Antonio Di Pietro si infila nel cuneo e prende una posizione di netta contraopposizione all'ex ministro. L'elogio "condizionato" all'inciucio dell'ex premier non è affatto piaciuto al leader dell'Idv, che è il primo a reagire: "Mettere sullo stesso piano l'accordo Stato-Chiesa e il salvacondotto giudiziario che Berlusconi pretende per i suoi reati - dice l'ex pm - è un'offesa alla storia repubblicana, un oltraggio alla Costituzione e un peccato per i credenti".

Ma il vero duello si apre nello stesso partito democratico. Per Dario Franceschini "di inciuci che hanno fatto bene non se ne sono mai visti...". L'ex leader del Pd ha fatto riferimento all'articolo 7 della Costituzione, che D'Alema aveva citato come esempio di "inciucio" positivo tra forze politiche opposte.

Secondo Franceschini "non bisogna cercare il terreno più facile per fare delle intese perchè così si rischia di spaccare i presupposti e i convincimenti che hanno dato vita al Pd".

Anche Ignazio Marino, terzo sfidante alle primarie che incoronarono Bersani, è critico. "Chi crede nel Partito Democratico non crede nei tatticismi e in alleanze artificiose. Certo, che dobbiamo lavorare per allargare le alleanze quanto più possibile, ma solo sulla base della condivisione di programmi".

Polemica Veltroni-Latorre. "Mi sorprende che un dirigente del nostro partito dica che Berlusconi deve assolutamente arrivare alla fine della legislatura. Purtroppo se ne vedono di tutti i colori". Così l'ex segretario del Pd, Walter Veltroni, si è espresso nel corso del suo intervento all'assemblea di Area democratica, in corso a Cortona.

I giornalisti hanno chiesto all'ex leader del Pd a chi si riferisse, e lui ha spiegato che si riferiva a una intervista fatta ieri dal braccio destro di Massimo D'Alema a Omnibus, Nicola Latorre.

"Sono io ad essere molto sorpreso dalle considerazioni di Walter Veltroni, perchè mi attribuisce un'affermazione che non ho mai pronunciato". Il vice presidente del gruppo Pd al Senato, smentisce di aver mai sostenuto che occorre fare in modo che il presidente del Consiglio termini l'intero mandato della legislatura.

"Ieri mattina - spiega Latorre, replicando all'ex segretario del Pd - in diretta televisiva ho solo spiegato che ero nettamente contrario ad ogni legge ad personam. Poi, alla domanda della giornalista su come dovrebbe comportarsi Berlusconi nell'eventualità che le inchieste proseguano, ho risposto che le vicende giudiziarie sono un conto e il dovere di governare è un altro. Berlusconi ha vinto le elezioni e deve svolgere questa funzione: i governi, infatti, cadono quando viene meno una maggioranza parlamentare".

Casini e il "compromesso necessario". Diverso il parere dell'ex presidente della Camera: "Ha ragione D'Alema - ha detto - quando dice che ci vuole qualche compromesso in politica. Dico di sì, qualche volta ci vuole il compromesso". Pier Ferdinando Casini conclude i lavori dell'assemblea nazionale delle Regioni all'Eur.

Il leader dell'Udc prende spunto dal nodo giustizia ("il problema giudiziario di Berlusconi non può essere derubricato ad un suo problema privato") per poi commentare le ultime dichiarazioni di Massimo D'Alema sulla necessità di addivenire a qualche compromesso in politica per poter ripartire proprio con il processo riformatore.

Parlando poi del premier, ha aggiunto che se Silvio Berlusconi porterà il Paese sull'orlo di elezioni anticipate, "avrà le risposte inedite che si merita". Il leader dell'udc, ha poi rilanciato l'ipotesti di un'alleanza "in difesa della democrazia", come quella di cui aveva parlato nell'intervista alla Stampa una settimana fa.

Casini si è unito quindi agli appelli per abbassare i toni e per svelenire lo scenario politico, ma non accetta di attribuire la "fonte dell'odio" ad una sola parte. Alla maggioranza - e personalmente a Berlusconi - Casini ricorda come proprio dalla maggioranza e dal governo siano venute parole ed atti che hanno alimentato contrapposizioni durissime. Contrapposizione "da nemici" e tasso di "odio" molto alto. E ha concluso: "Voglio dire, con fraternità, a Berlusconi: odio genera odio".

Costituente di sinistra. "Abbiamo accolto con piacere

l'elezione di Pier Luigi Bersani alla segreteria del Partito Democratico ma, quanto a possibili alleanze, vogliamo essere sicuri di parlare lo stesso linguaggio e di lavorare per lo stesso centrosinistra". Lo dice Claudio Fava, durante i lavori della costituente di Sinistra e Libertà (Sel).

"Il centrosinistra per noi deve essere un luogo di coerenza, ma a volte si ha la sensazione - aggiunge Fava - che per il Pd esso sia come un laccio che si possa allargare a piacimento ad una 'destra buona' contrapposta ad una 'destra cattiva'".

Fava ha quindi ribadito che Sel "non è suscettibile di negoziati" che non può essere, per i Democratici, un alleato "a la carte ".

(19 dicembre 2009)

 

 

 

La possibilità di un accordo con Silvio Berlusconi su giustizia e riforme divide il Pd

Oscar Luigi Scalfaro: "Non sono contro una tutela al premier, a patto che non ci sia danno a terzi"

D'Alema elogia l'"inciucio"

"Lo fece Togliatti con la Chiesa"

"Serve alla convivenza". Attacco alla cultura azionista

di GIOVANNA CASADIO

D'Alema elogia l'"inciucio" "Lo fece Togliatti con la Chiesa"

Massimo D'Alema

ROMA - "Certi "inciuci" farebbero bene al paese". In nome della realpolitik, Massimo D'Alema rilancia il confronto tra Pd e Pdl. Non sono le polemiche a fermare l'ex ministro degli Esteri, che l'altra sera, nel "caminetto" dei leader democratici riunito dal segretario Bersani, aveva già messo sul tavolo il suo punto di vista. Con un paio di battute, ieri - durante la presentazione del libro "Comunisti immaginari" di Francesco Cundari - torna sulla questione dell'apertura a Berlusconi e al centrodestra, sulle riforme a cominciare da quella della giustizia. E tanto per fare un esempio di "inciucio", ricorda l'articolo 7 della Costituzione sui rapporti tra Stato e Chiesa votato dal Pci di Togliatti nell'Assemblea costituente.

"I comunisti italiani hanno sempre dovuto difendersi da questo tipo di accuse - ricorda D'Alema - C'è sempre stato qualcuno più a sinistra, una cultura azionista che ha sempre contestato questo, da quando Sofri accusa Togliatti di non volere fare la rivoluzione, dall'articolo 7 in giù che è stato il primo grande "inciucio"... ma questi "inciuci" sono stati molto importanti per costruire la convivenza in Italia, oggi è più complicato, ma sarebbero utili anche adesso. Invece questa cultura azionista non ha mai fatto bene al paese...". I dirigenti comunisti, precisa, "hanno avuto un ruolo di educare i cittadini", e di nuovo cita Togliatti e la diversità dei comunisti italiani. Dal fronte dalemiano arriva la contrarietà di Nicola Latorre alla "delegittimazione giudiziaria del premier: avendo vinto Berlusconi le elezioni, deve governare questo paese fino a fine legislatura".

Bersani, però, ribadisce che la barra è dritta: il Pd non voterà mai leggi "ad personam" per aiutare il premier a uscire dai suoi guai giudiziari. Strada che nel partito non troverebbe consensi: contraria la presidente Rosy Bindi ("La maggioranza ha i numeri per approvare le leggi che ritiene, non chieda avalli a noi"), come Piero Fassino ("Attenti a non cambiare rotta") e il capogruppo alla Camera, Dario Franceschini. Tanto che il responsabile giustizia, Andrea Orlando accusa Di Pietro di mistificare. Il leader di Idv infatti aveva definito "senza senso la proposta di D'Alema" di una leggina pro Berlusconi che "i suoi stessi elettori boccerebbero; è scandaloso solo pensarlo; è come dire che piuttosto che essere colpiti da uno sparo è meglio essere accoltellati". Replica Orlando: "È incredibile che Di Pietro impieghi gran parte del suo tempo per attaccare il Pd. La nostra posizione sul cosiddetto legittimo impedimento è chiara: siamo contrari. Quindi una polemica pretestuosa contro D'Alema, il quale ha utilizzato semplicemente un paradosso".

Il Pd sembra diviso sul dialogo. Da Oscar Luigi Scalfaro, padre costituente, ex capo dello Stato, cattolico democratico, parte uno spunto di riflessione per il centrosinistra: "Non sono per nulla contrario all'ipotesi di un provvedimento che dia una tutela al premier a condizione che non ci sia danno a terzi". Scalfaro è stato anche magistrato. Osserva: "Tale provvedimento però non deve sospendere i termini per la chiusura dei processi". Un intervento a tutto campo quello del presidente emerito: sulle elezioni anticipate ("Sarebbero da evitare, perché sciogliere le Camere sono interventi traumatici, una patologia seria"); sullo sfidante di Berlusconi ("Rosy Bindi avrebbe l'intelligenza e la grinta per sconfiggere Berlusconi alle prossime politiche"); sul Pd ("Sono un simpatizzante").

© Riproduzione riservata (19 dicembre 2009)

L'UNITA'

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2009-12-20

Bersani: no a leggi ad personam

di Federica Fantozzitutti gli articoli dell'autore

L’elogio dell’"inciucio", la " provocazione" di Massimo D’Alema, agita il Pd e non solo. Alleati reali e potenziali, ma anche i finiani dell’altro schieramento, si affrettano a cavalcare la sortita, ognuno a modo proprio. E il Pd deve ribadire la propria "posizione inequivocabile": sì alle riforme, no a leggi ad personam, e dunque no ad accordi sulla giustizia per salvare Berlusconi dai suoi processi. Pier Luigi Bersani affida al Tg1 della sera il suo pensiero: "Abbiamo una linea che terremo ferma: siamo contro leggi fatte per una persona sola e a favore di un confronto parlamentare su leggi per tutti i cittadini". L’obiettivo sono le riforme istituzionali, ma soprattutto "una sessione parlamentare ad hoc sui temi sociali, per noi prioritari". Quanto all’ipotesi di allargare la coalizione: "Voglio dare al Pd il profilo di un’alternativa a Berlusconi. Per batterlo bisogna costruire un’altra proposta. Io lavorerò per accorciare le distanze con le altre forze dell’opposizione, loro si assumano la stessa responsabilità". Su D’Alema lascia rispondere il suo capo segreteria politica Filippo Penati: "Non si strumentalizzi un evidente paradosso". Idem sentire con Andrea Orlando, neo responsabile Giustizia di Largo del Nazareno: "Basta discutere, così si accreditano cose che non esistono". Il tema però è elettrico. Alle riforme, da coltivare attraverso una maggioranza il più ampia possibile, si intreccia la giustizia. Pier Ferdinando Casini ne approfitta per rilanciare la sua proposta di legittimo impedimento che - sostiene - tutelerebbe il premier senza scardinare un numero impressionante di processi italiani: "Ha ragione D’Alema. La politica è sede di qualche compromesso. A volte il meglio è nemico del bene".

E FARE FUTURO "SDOGANA" L’INCIUCIO Anche Ffwebmagazine, la rivista online della fondazione Fare Futuro che fa capo a Gianfranco Fini e che con il think tank dalemiano Italiani Europei ha organizzato due convegni ad Asolo proprio sulle riforme, sdogana l’inciucio: "Difenderlo non è una bestemmia. Non è un termine simpatico, ma ha fatto bene Massimo D`Alema a scommettere su una parola "infame" e "inservibile" per spiazzare chi rema contro ogni possibilità di dialogo". Benvenga, insomma, la "parolaccia" se vuol dire "non urlare, cercare soluzioni condivise, non salire sulle barricate, confrontarsi senza bava alla bocca, sognare una stagione di riforme, sedersi attorno a un tavolo". Plauso alle parole dell’ex ministro degli Esteri prodiano dalle file del PdL. Per Bondi "sfonda una porta aperta". Per Matteoli, lui e Casini segnano "una svolta importante".

FERRERO choc: "COME MARCINELLE" Ma l’apologia dell’"inciucio a fin di bene", a partire dal Concordato tra Stato e Chiesa, prevedibilmente non piace ad Antonio Di Pietro: "Mettere sullo stesso piano l'accordo Stato-Chiesa e il salvacondotto giudiziario che Berlusconi pretende per i suoi reati è un'offesa alla storia repubblicana, un oltraggio alla Costituzione e un peccato per i credenti. Nel primo caso era un accordo di alto livello tra Stati sovrani, nel secondo caso sono gli interessi personali e giudiziari del premier. Ma D'Alema lo sa meglio di me...". Scettico il prodiano Franco Monaco: "In passato c’erano De Gasperi e Togliatti, ora c’è Ghedini..." Eloquente il capogruppo di IdV a Montecitorio Donadi: "Berlusconi è come un sequestratore che ha preso in ostaggio le istituzioni e come riscatto vuole una legge ad personam". Fuochi d’artificio dal segretario rifondarolo Paolo Ferrero che suscita le ire del PdL: "L'idea di fare le riforme costituzionali con Berlusconi è come dare un asilo nido in gestione al cosiddetto mostro di Marcinelle".

19 dicembre 2009

il SOLE 24 ORE

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2009-12-20

Berlusconi: "Vado avanti per il bene del Paese"

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20 dicembre 2009

Schifani: "Auspico una politica di confronto e rispetto"

"Dai nostri archivi"

Marina Berlusconi: "Mio padre sta meglio"

Berlusconi ancora sofferente. Preoccupazione di Alfano: "Non è solo il gesto di un folle"

Maroni: "Nessun rilievo al servizio d'ordine di Berlusconi"

Bersani visita Berlusconi e condanna "senza se e senza ma"

Sicilia: Berlusconi detta le condizioni per sostenere la giunta Lombardo

"Vado avanti per il bene del paese". Così il premier Silvio Berlusconi nel corso del suo intervento telefonico in collegamento con piazza Brà, a Verona, per la manifestazione di solidarietà a una settimana dall'aggressione del premier a Milano. La telefonata si è chiusa con "un abbraccio a tutti" i presenti e l'impegno a "lavorare più di prima nell'interesse di tutti". Il Cavaliere ha parlato alcuni minuti attraverso il telefonino del sottosegretario Aldo Brancher e le sue parole sono state diffuse da alcuni altoparlanti.

"Le manifestazioni di solidarietà nei miei confronti mi danno la forza e la spinta ad andare avanti e a sostenere il nostro impegno per il bene del Paese", ha detto Berlusconi in collegamento audio con una riunione del Pdl veneto. Il premier si è detto commosso e ha ringraziato Verona "che ha per prima voluto organizzare questa manifestazione di solidarietà". Ha ribadito che "l'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio", usando le parole pronunciate in uscita dall'ospedale San Raffaele e scritte sullo striscione che questa mattina campeggiava sulla scalinata del Municipio in Piazza Brà. "Questo è il messaggio - ha proseguito il premier - che stiamo portando in giro per tutta l'Italia". "Sotto l'albero di Natale - ha detto rivolgendosi ai sostenitori - regalate una tessera del Pdl".

In un passaggio dell'intervento telefonico Berlusconi ha detto: "Credo che a tutti sia chiaro che se di un presidente del Consiglio si dice che è corruttore di minorenni, un corruttore di testimoni, uno che uccide la libertà di stampa, che è un mafioso o addirittura uno stragista, un tiranno, è chiaro che in qualche mente labile, e purtroppo ce ne sono in giro parecchie, possa sorgere il convincimento che essere tirannicidi e diventarlo vuol dire essere degli eroi nazionali e fare il bene della propria patria e dei propri concittadini e quindi acquisire un merito e una gloria importante". Il Cavaliere ha sottolineato che da quanto avvenuto si deve trarre l'insegnamento di "rispettare" gli avversari politici senza considerarli "nemici". (N.Co.)

20 dicembre 2009

 

 

 

 

 

Sicilia: Berlusconi detta le condizioni per sostenere la giunta Lombardo

Dal nostro inviato Giuseppe Oddo

Berlusconi: "Vado avanti per il bene del Paese"

Schifani: "Auspico una politica di confronto e rispetto"

Il Blog di Giuseppe Oddo

"Dai nostri archivi"

Sicilia: Lombardo supera il voto dell'aula e rompe con i "lealisti" del Pdl

ELEZIONI E ALLEANZE / Roma discute Sagunto decide

Lombardo completa la giunta siciliana. L'Udc resta fuori

Sicilia, resa dei conti nel CentrodestraRaffaele Lombardo azzera la sua Giunta

Berlusconi: "Vado avanti per il bene del Paese"

Silvio Berlusconi ancora convalescente fa sapere, attraverso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianfranco Miccichè, leader del Pdl-Sicilia, che intende sostenere per l'intera legislatura la giunta presieduta da Raffaele Lombardo. Ma a una condizione: che il Pdl siciliano si ricompatti. Il gruppo del Popolo della libertà all'assemblea di Palazzo dei Normanni ha infatti subito una scissione. I "ribelli" guidati da Miccichè – 15 deputati, tra cui quelli legati a Gianfranco Fini – sono usciti dal Pdl ufficiale, facendo gruppo a sé. La rottura è avvenuta nei mesi scorsi dopo le forti contrapposizioni tra l'ala "lealista", vicina al presidente del Senato, Renato Schifani, e al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ostile al governo Lombardo pur facendone parte, e quella che si identifica in Micciché, Dore Misuraca e Pippo Scalia, grandi supporter del leader catanese fondatore dell'Mpa. Adesso Berlusconi chiede la pace perché, dopo la crisi provocata dalla bocciatura del documento di programmazione economica e finanziaria con il voto contrario di "lealisti" e Udc, Lombardo ha dichiarata <fallita> la coalizione di centro-destra e ha cominciato a trattare con il Pd rendendosi disponibile a formare una giunta "con chi ci sta".

Il governatore ha in mente un governo di minoranza che può già contare su almeno 31 deputati su 90: 15 del Movimento per l'autonomia, 15 del Pdl-Sicilia, più il voto di un ex del Pd migrato nel partito di Francesco Rutelli. A questi potrebbero aggiungersi altri transfughi di Udc e Pdl ufficiale. Con 31 voti, però, il governatore non va da nessuna parte. O riesce a tessere miracolosamente in fretta i rapporti con il resto del centro-destra, il che sembra arduo. Oppure non gli resta che rivolgersi ai deputati del Pd con un'operazione politica che modificherebbe la natura della maggioranza e sposterebbe l'asse della politica siciliana e forse anche nazionale. Non a caso nel Pdl c'è grande agitazione. Nei giorni scorsi i tre coordinatori nazionali, tra cui il segretario nazionale del partito, Denis Verdini, hanno rivolto un pressante invito a Lombardo perché non si presti a ribaltoni. E Schifani è sceso in campo "a gamba tesa" nella politica siciliana (così ha chiosato il governatore) sostenendo che, piuttosto che l'inciucio con il Pd, preferirebbe il ritorno alle urne.

Il problema è che la frantumazione del centro-destra siciliano ha trasformato i democratici, con i loro 28 seggi, nel primo gruppo dell'assemblea di Palazzo dei Normanni. E' dunque con il Pd che Lombardo deve confrontarsi, se vuole durare; a meno di non scendere a miti consigli con l'ala "lealista". Miccichè ha dichiarato a Tgr Sicilia che il premier sembra deciso a scendere nell'Isola ai primi di gennaio proprio per cercare di ricomporre la frattura.

Intanto il Pd ha riunito (il 19 dicembre) l'assemblea regionale del partito ed ha approvato quasi all'unanimità la relazione del neosegretario Giuseppe Lupo, il quale, pur escludendo sia l'appoggio esterno alla giunta sia l'ingresso diretto, ha detto di essere pronto a "realizzare insieme" con Lombardo le riforme necessarie alla crescita e alla modernizzazione della Sicilia: da un nuovo sistema di gestione dei rifiuti a un nuovo sistema di formazione a una politica contro il precariato a favore dell'occupazione. Lupo ha chiesto al presidente della Regione che l'Mpa manifesti più chiari segnali di rottura con il centro-destra, a livello non solo regionale, com'è già avvenuto, ma anche nazionale.

Lunedì (21 dicembre) Lombardo risponde alle domande dei giornalisti durante la tradizionale conferenza stampa di fine anno convocata a Palazzo d'Orleans.

 

 

 

 

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